Nella schermata iniziale di ChatGPT mi è comparsa, tra le varie opzioni, la voce “Inventa una storia” e mi sono divertita a chiedere all’intelligenza artificiale di scrivermi una storia sulla prima cosa che mi è venuta in mente, una scimmia: in pochi secondi sullo schermo è apparso un raccontino un po’ sciocchino, ma passabile.

Allora le ho chiesto di scrivermi un romanzo “su una pianta parlante” e la risposta è stata: “Ecco un romanzo che coinvolge una pianta parlante in un mondo fantastico”, poi il titolo del libro, Il segreto della pianta parlante, Capitolo 1, La scoperta straordinaria, due paragrafetti, Capitolo 2 idem eccetera.
Difficile riuscire a farsi scrivere un libro da ChatGPT: i risultati non sono esaltanti. Però ci sono anche dei software dedicati agli aspiranti scrittori, sempre basati sull’intelligenza artificiale ma molto più complessi (e non è nemmeno una novità degli ultimi anni). Costano qualche centinaio di dollari e ti aiutano a delineare i personaggi, a creare il tuo mondo immaginario, ti forniscono diversi sviluppi già pronti per la trama, così che tu possa scegliere quello che ti piace di più…
Intelligenza artificiale: zero creatività
Domanda: ma perché saltare a piè pari il processo creativo? Perché delegarlo a uno strumento che di creativo (e intelligente) non ha nulla?
Scrivere è un hobby per il 99% delle persone che lo fanno. Sono davvero pochi coloro che, nel mondo, riescono a ottenere guadagni apprezzabili dai loro libri. Se dunque è un hobby, una cosa che si fa per il piacere di farla, che senso ha cercare di farla un po’ meno?

Certo, scrivere è un hobby difficile e faticoso, persino sul piano fisico. Ci si sente stanchi nel corpo oltre che nella mente, dopo qualche ora di scrittura. Ci si può bloccare, ci si può sentire di colpo incapaci, si può cominciare a scrivere una storia per poi decidere che fa veramente schifo, e abbandonarla. Però quello che dovrebbe dare goduria è il processo della scrittura. Non solo il risultato, che consiste nello stringere tra le mani il parto del proprio prezioso cervello: un piacere effimero, oltre che narcisistico.
ChatGPT nella scrittura: usi più “intelligenti”
Forse possiamo utilizzare ChatGPT per fare le ricerche; può essere divertente, e dare soddisfazione, porre una domanda specifica e ottenere una risposta coerente in pochi secondi.
Esempio. Decidi di far dire da un personaggio “il dado è tratto” e di far commentare da un altro personaggio “smettila, non sei Giulio Cesare”. Poi però ti viene il dubbio che quella famosa frase sia stata pronunciata proprio da Giulio Cesare. Per averne conferma puoi sfogliare il vecchio libro Chi l’ha detto? ereditato da tua nonna, oppure andare su Google, oppure chiederlo a ChatGPT, che ti dà la risposta in meno di un secondo.
L’intelligenza artificiale può essere uno strumento in più, una fonte aggiuntiva di informazioni (del resto le ricerche devono sempre essere basate su più fonti); le risposte alquanto imprevedibili ricevute dal chatbot possono anche far nascere idee nuove. D’altra parte, occorre verificare sempre tutto, perché le informazioni fornite non sempre sono accurate e veritiere: è anche dichiarato (a fondo pagina compare la scritta, in piccolo, “ChatGPT may produce inaccurate information about people, places, or facts”).

Possiamo anche utilizzare ChatGPT come Book Coach sostitutivo. Sì, davvero. Possiamo chiedere aiuto al chatbot su come sviluppare un personaggio o una scena, su come superare un momento di difficoltà o di sconforto nella scrittura. Provare per credere. ChatGPT, non avendo sentimenti, in qualche caso può essere persino più efficace di un editor magari bravissimo, ma dal carattere un po’ difficile e che sovrappone il proprio gusto o il proprio vissuto al lavoro dello scrittore. Inoltre puoi rivolgerti a ChatGPT alle 2 di notte, all’ora di pranzo, a Ferragosto, a Natale e avere la sua completa “attenzione”.
Però, intendiamoci: l’intelligenza artificiale non può sostituire l’interazione con l’intelligenza umana. ChatGPT è privo di intuito; risponde compitamente alla domanda che gli fai, ma a volte il problema è proprio la domanda. A volte uno scrittore si ritrova a sbattere la testa su un certo aspetto, mentre gli gioverebbe accantonarlo e concentrarsi su altro. Inoltre con ChatGPT non hai una vera relazione; non ti guardi in faccia, non interagisci sul piano non verbale, non ottieni risposte ponderate. Ed è impossibile ottenere risposte profonde su questioni complesse. Il chatbot non ha sentimenti né opinioni, non ha corpo né spirito.
In conclusione, è chiaro che non sarebbe etico, né porterebbe a buoni risultati, farsi scrivere un racconto, un articolo o una tesina da ChatGPT. Ed è chiaro che le nuove tecnologie, di qualunque genere esse siano, possono avere (e hanno sempre avuto) effetti negativi sulle vite di molte persone. Ma non prendersi neppure la briga di comprendere questa nuova tecnologia, di giocarci, di vedere se può in qualche modo semplificare la tua vita di scrittrice, o magari darle una dimensione aggiuntiva… forse, non farlo può essere un’occasione persa.
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