Il titolo di questo post può sembrare poco adatto a un sito che si occupa di promozione editoriale: il raggiungimento del successo dovrebb’essere il nostro obiettivo. Ma il mondo che circonda l’autopubblicazione si sta affollando di incoraggiamenti a seguire determinate regole per convertire un libro in un bestseller o per raggiungere i più alti ranking su Amazon; solitamente la proposta viene anche accompagnata dalla promessa di riuscirci in tempi brevi.
Mi sembra importante difendere un punto di vista diverso.
Credo sia giusto desiderare il successo commerciale nella scrittura. Tuttavia, quando vendere tante copie è lo scopo principale che l’autore si prefigge nel pubblicare un libro, la qualità dell’opera, e il contributo che essa può dare nel panorama letterario contemporaneo, passano inevitabilmente in secondo piano.
L’autopubblicazione è una grande opportunità, non di diventare ricchi, ma di dar sfogo a ciò che ci appassiona: la creazione, l’approfondimento della conoscenza, la ricerca, la creatività plasmata in parole scritte. La vera opportunità è quella di avere lettori anche senza una casa editrice alle spalle, senza quindi un investitore che stampi e distribuisca le copie, e faccia pubblicità attraverso i mass media.
I blog, o anche i libri, che tentano di aiutare gli scrittori a vendere più copie sembrano inseguire una formula secondo la quale sarebbe possibile vendere moltissime copie a prescindere dal contenuto del libro. Questo potrebbe far credere a qualche sprovveduto che il successo sia alla portata di chiunque.
Che cos’è il successo?
Io credo, innanzitutto, che il successo nelle vendite non sia alla portata di chiunque e la ragione è molto semplice: ciò che più conta, in una campagna di promozione editoriale, è il contenuto del libro. Contenuto che ovviamente riguarda l’autore e nessun altro; chi si occupa di marketing non può controllare questo aspetto. Pertanto, secondo il mio modo di vedere, l’obiettivo principale di uno scrittore dev’essere quello di realizzare l’opera che meglio lo rappresenti.
Nel caso della narrativa o fiction, per esempio, è fondamentale trovare una voce propria, un modo di narrare che identifichi indiscutibilmente chi lo fa. Il che significa percorrere un cammino molto più lungo, guadagnarsi i lettori poco per volta, uno ad uno, però alla fine essere uno scrittore è questo. Al contrario, non mi sembra che abbia molto senso scrivere un’opera imitando la voce di altri autori, cercare di riprodurre formule narrative che hanno ottenuto riscontri o reiterare temi e strutture viste e riviste. C’è chi consiglia, e mi suona molto male, di cimentarsi nei generi di moda, o di di scrivere saghe solo per avere la certezza che chi ha letto il primo libro legga anche il secondo.
Qual è, dunque, il compito di chi offre servizi di promozione editoriale? Sicuramente non è promettere formule o trucchi per vendere un sacco di copie. Io credo che sia quello di sostenere gli scrittori affinché utilizzino l’autopubblicazione nel miglior modo possibile, in tutta la sua dimensione e complessità, e senza commettere errori; evitando quindi che il lavoro fatto dall’autore vada sprecato per via di una pubblicazione sbagliata o di una campagna promozionale inefficace.
La mia proposta è che l’autopubblicazione e il marketing editoriale siano nient’altro che i facilitatori di questa ricerca, da parte dello scrittore, di realizzare un contenuto che lo soddisfi pienamente, senza troppo badare ai ranking e alle classifiche di vendita.
Nel mio modo di vedere, dunque, il successo consiste semplicemente nell’ottenere che qualcuno ti legga, e che possa apprezzare il tuo libro per il suo contenuto.
Cosa significa “farlo bene”, nel selfpublishing?
Quando l’opera è terminata e pubblicata, è altamente probabile che passi inosservata nell’immenso calderone dei libri che escono ogni giorno. O peggio, è facile sbagliarsi su questioni quali il formato, la copertina, la descrizione, la messa in vendita e, pertanto, fare una figuraccia e crearsi una cattiva reputazione ancor prima che il libro possa esser letto.
Per questi aspetti esistono numerosi servizi di consulenza che aiutano a non commettere errori e creare prodotti editoriali in tutto e per tutto professionali. Tuttavia, se dovessi quantificarle, tutte queste azioni rappresentano una parte minoritaria, di molto inferiore al 50%, all’interno del lavoro che totalmente implica essere uno scrittore indipendente. Perché, lo ribadisco ancora una volta, ciò che più importa è il contenuto del libro.
In altre parole, con un buon libro si può fallire per non averlo pubblicato e pubblicizzato correttamente, ma con un cattivo libro è impossibile trionfare. Per questo non amo “vendere il successo”. Agli scrittori che lavorano con me posso promettere la riuscita del libro, ma mai la formula per farlo diventare un best seller o il numero uno su Amazon.
La mia proposta, e con questo concludo, è collaborare con scrittori che lavorino sul lungo periodo, che considerino il lavoro come una maratona e non come uno sprint, e che per questo comprendano quanto sia importante prendere la maggior parte delle giuste decisioni fin dal principio (cosa che posso aiutarli a fare). Non desidero, per contro, collaborare con chi è alla ricerca di trucchi per vendere il più possibile e non comprende che il contenuto, anche nell’autopubblicazione, è l’unica cosa che conta.
Articolo di Alejandro Capparelli
Traduzione dallo spagnolo di Irene Luchini
Foto di apertura: Chris Potter — StockMonkeys.com.
1 commento a: Non ti prometto il successo