Le strade che portano a pubblicare un libro (qualora non si abbia alle spalle un’agenzia letteraria) sono tre. Si può: (1) rivolgersi a una casa editrice nella speranza che sposi il progetto; (2) rivolgersi a un editore a pagamento — EAP — che senz’altro sposerà il progetto ma lo realizzerà a spese dell’autore; (3) utilizzare l’autopubblicazione, o selfpublishing. Proviamo a considerarle, una alla volta.

1) Pubblicare un libro attraverso una casa editrice
Tutti coloro che scrivono sognano di essere pubblicati da un editore noto e riconosciuto, con il quale stipuleranno un contratto di edizione (così come regolato dalla legge sul diritto d’autore). Questo contratto prevede che l’autore ceda in esclusiva alla casa editrice il diritto di pubblicare la sua opera, per un periodo di tempo limitato, e che gli sia corrisposta una percentuale sul prezzo di vendita del libro — della quale viene anche versato un anticipo, alla firma del contratto. E questo è senz’altro il tipo di pubblicazione più desiderabile.
Non è detto che conduca alla fama o magari a lauti guadagni, anzi, questo non avviene quasi mai; ma è un fatto che l’autore si trova a interagire con un’impresa che ha deciso di investire sul suo lavoro — quindi, non tira fuori di tasca un centesimo, anzi viene remunerato. Poi, magari, qualche spesa dovrà comunque affrontarla: per esempio dovrà crearsi un sito/blog; e in ogni caso dovrà impegnarsi in prima persona nella promozione della sua opera, attraverso i media sociali. Oseremmo dire che questo da un lato è un dovere morale nei confronti dell’editore, che ha investito non poco sull’opera stessa, dall’altro è una necessità vera e propria (oggi dei social non si può fare a meno).
2) Pubblicare un libro con un editore a pagamento
Affidarsi a un editore a pagamento (EAP) è, per certi versi, il contrario. Non abbiamo a che fare con un’impresa che investe su di noi, ma con un soggetto dal quale acquistiamo prodotti e servizi: ed è una differenza sostanziale. Siamo noi a pagare (di solito, non poco) l’intero costo di produzione e stampa del nostro libro, ovviamente con un bel margine che poi resta in tasca all’editore.
Tanto varrebbe, a questo punto, farsi stampare le copie del libro da un tipografo: sarebbe più semplice e più trasparente. Anche perché l’editore a pagamento pretende quasi sempre l’esclusiva (impedendoci così di farci pubblicare da altri, se con lui ci troviamo male) e stampa il libro come vuole lui, non come vogliamo noi: decide lui la copertina, il carattere, il tipo di carta, di rilegatura e quant’altro.
E ancora, quello degli editori a pagamento è spesso un sottobosco confuso, per cui alcuni di costoro tentano di stipulare dei veri e propri contratti di edizione, mascherando il fatto che in realtà è l’autore a finanziare la produzione del libro dietro formule quali “l’acquisto copie” — ovvero, l’autore è obbligato ad acquistare un migliaio, o giù di lì, di copie del suo libro: copie che poi naturalmente giaceranno imballate nella sua cantina, o sotto il suo letto. Sì, certo, ne regalerà un po’ ad amici e parenti, magari ne venderà personalmente, o ne farà vendere, qualche decina, ma la cosa finirà lì, perché il suo libro non avrà alcuna distribuzione.
3) Pubblicare con il self-publishing, o autopubblicazione
L’autopubblicazione è una sorta di “terza via”. In primo luogo, non c’è cessione dei diritti e questo deve essere ben chiaro: i distributori dei libri autopubblicati non sono delle case editrici, quindi i diritti restano in capo all’autore, che ne è l’unico detentore. Questo, sul piano pratico, è un vantaggio o uno svantaggio?

Probabilmente un vantaggio, perché la percentuale sul prezzo di vendita che va all’autore è più alta; se, infatti, un libro pubblicato da un editore frutta di norma all’autore l’8% del prezzo di copertina, nel caso dell’autopubblicazione può fruttargli anche il 60%. Un altro vantaggio è che l’autore controlla il processo della pubblicazione nella sua interezza: può decidere ogni dettaglio relativo al suo libro, dalla grafica della copertina al layout interno, dal prezzo di vendita fino al momento in cui l’opera va sul mercato ed eventualmente ne viene ritirata. In entrambi i casi di cui sopra (editoria tradizionale e a pagamento), queste scelte spettano ad altri e l’autore può metter bocca fino a un certo punto. Inoltre, se un libro autopubblicato ha un buon riscontro, può accadere — ed è accaduto più volte — che una casa editrice vera e propria decida di contattare l’autore, rilevare il libro e ripubblicarlo.
D’altra parte, assumersi la totale responsabilità della pubblicazione significa anche far ricadere su di sé tutte le colpe, nel caso in cui qualcosa vada storto. E soprattutto, essere desolatamente soli. Non avere un editor al quale mandare le stesure del testo per avere un feedback, non avere un correttore di bozze, non avere un reparto grafico che curi l’aspetto del libro, né un ufficio stampa che lo promuova. Il che il più delle volte, quando si fa tutto da soli, porta a risultati pasticciati e decisamente poco professionali.
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Ma grazie a te, Stefano!
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